Archivio per gennaio, 2012

Aspettando la neve

Pubblicato: 29 gennaio 2012 in 2012
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È tutt’oggi… anzi: è dalla fine dell’autunno che guardo il cielo sperando che arrivi la neve. Niente. I meteorologi mi hanno assicurato che sarebbe arrivata nel fine settimana ma per ora niente. Niente di niente. Guardo fuori, nemmeno un fiocco.

E allora: tutto scorre nei binari della normalità e, per ora, sono contenta. Ho voglia di andare avanti senza troppe scosse, alimentando i tasselli di quotidianità che rappresentano i punti fermi quando arrivano i terremoti. Il mercato del sabato mattina, per esempio. Per prendere il pollo e le crocchette. Soddisfatti noi, contento Giovanni, super entusiasta Romeo, che per qualche giorno vede la sua porzione di croccantini arricchirsi di un sapore in più.

La cena con gli amici del sabato sera.. cambiano gli amici, cambiano i menù. Ma abbiamo bisogno di stare in compagnia e, possibilmente, ridere.

Il bagno con la casa svuotata, grazie al rugby del sabato pomeriggio: due ore tutte per me.

È questo che voglio: qualcosa che assomigli tanto al nulla. Come la neve, in fondo, che trasforma il panorama ridisegnando i confini, e lo fa senza violenza. In silenzio. Dolcemente. Annulla i rumori e tira fuori il lato più infantile di noi, senza sovrastrutture.

Lascio che immagini dal passato vengano fuori in ordine sparso e non cerco il perché. Mi piacerebbe “unire i puntini” e passare ad un nuovo livello, ma sento che manca ancora qualche tassello. E allora aspetto, sapendo che un giorno di questi mi ritroverò con la chiave in mano e vedrò tutto con chiarezza.

Il tempo

Pubblicato: 22 gennaio 2012 in 2012

Ho avuto sempre un rapporto complicato con il tempo. Ci sono volte che penso che c’è tutto il tempo per fare determinate cose. Altre volte che mi rendo conto che il tempo non è poi così tanto. Altre volte ancora mi manca il fiato e penso che il tempo è già passato.

Il 30 dicembre il tempo si è fermato e poi ha ripreso lentissimo fino a tornare a scorrere naturalmente giorno dopo giorno. Una volta ho avuto un incidente in moto, e quegli istanti velocissimi li ho vissuti attimo per attimo, fotogramma dopo fotogramma, cosa che mi ha permesso di affrontare quella situazione senza peggiorarla, cercando di salvare il salvabile. Ci siamo fermati a pochi centimetri dal guard-rail qualche escoriazione e una paura nell’anima che mi sono trascinata negli anni a seguire: non mi sono più sentita a mio agio su una moto.

Travaglio e parto? Eterni, anche se alla fine il tutto è durato due ore. Invece Giovanni cresce in fretta, frettissima, e a volte rimpiango il mio batuffolino anche se ora mi diverte molto di più.

Una cena con gli amici? Finisce subito. L’attesa della risposta dopo un colloquio di lavoro è interminabile. Per quanto mi riguarda anche i momenti prima del decollo di un aereo. O in sala d’attesa del dentista. Sempre troppo breve la passeggiata serale cane/ipod, un momento tutto mio. La canzone che ti piace passa in un attimo. Il raggiungimento del mio peso forma.. procede, ma sembra sempre trooooppo lento! Quando si litiga il tempo rallenta.

Bisognerebbe essere capaci di scombinare sempre un po’ le proprie giornate. La scansione dettata dalla quotidianità spesso ingoia tempi e nemmeno ce ne accorgiamo. Dopo un  viaggio che mi ha trasformato, una volta rientrata a casa le incombenze che prima plasmavo durante tutta la giornata le esaurivo in mattinata. Meno vincoli (mentali) si riesce ad avere più tempo e più libertà guadagniamo.

Pensiamo sempre di avere tempo davanti a noi. Personificando, il mio tempo è delimitato da mia madre da una parte, da Giovanni dall’altra. E poi c’è Luca, che mi ricorda che il mio tempo può finire anche in quest’istante.

E tutto insieme, tutte le voci,
tutte le mete, tutti i desideri,
tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male,
tutto insieme era il mondo.
Tutto insieme era il fiume del divenire,
era la musica della vita.”  –  Herman Hesse (Siddharta)

E’ lunedì e si ricomincia

Pubblicato: 16 gennaio 2012 in 2012

È arrivato il momento che anche il dolore deve trovare posto nella normalità, nella quotidianità. Bisogna ricominciare a vivere, lavorare, accompagnare il bambino a scuola, sorridere a coloro che si incontrano, interagire con il sorriso con le persone che si amano, gli amici, i conoscenti più prossimi.

Prima della fatidica data, ero nel bel mezzo di un cammino di cambiamento che mi riguardava nella sua totalità. Il fisico, il lavoro, il mio rapporto con l’autostima, gli affetti. So che in tutte queste sfere mi merito molto di più di quello che fino ad oggi ho costruito. Non ho mai amato, e tanto meno posso farlo a questa età, dare la colpa a mia madre per le difficoltà che ho incontrato nella vita. Dare la colpa non mi interessa. Né mi assolve, mettendo la responsabilità al di fuori di me stessa. Ma oggi, parlando con un’amica alla lezione di inglese di Giò, tra una chiacchiera e l’altra ho ammesso una cosa. Mia madre molto spesso basa il suo giudizio sul concetto di bello. Formalmente bello. Fisicamente bello. Esteriormente bello.

E c’è stato un momento durante la mia crescita che ho talmente odiato questo concetto ad arrivare a sabotarmi, pur di non corrispondere ad un modello che poteva piacere a mia madre. Io che ho poca memoria, mi ricordo perfettamente quando un amico di famiglia pensando di farmi un complimento mi disse: “tu sarai una bellissima adolescente”. Lo avrei preso a calci. Ho cercato di combattere con tutta me stessa, ho cercato di essere il più possibile trasparente. Non sempre ci sono riuscita. E quando ce l’ho fatta non ero poi così felice. Purtroppo però avevo acquisito un modo di essere. Quando mi sentivo valutata solo per la mia parte esteriore, iniziavo ad ingrassare, a portare tagli improbabili, vestiti anonimi. Ringrazio oggi quella persona che, in uno dei periodi più cupi, mi ha dato quella carezza che mi ha fatto ritrovare la strada.

Torniamo ad oggi. Sto ritrovandomi anche allo specchio, non sempre mi piaccio, ma ci sto lavorando. Vorrei essere considerata anche per la mia esteriorità, ma apprezzo anche quando mi fanno solo un complimento sul sorriso: ‘sempre felice, signora?’. Già: signora. Felice, ci provo.

E per una volta vorrei abbracciare quella bambina bionda fossette e occhi azzurri, quella adolescente imbronciata, la versione iper-magra di me e quella grassa e tutte insieme, sorridere, ridere, e… fanculo: ora siamo libere!

30.12.11 .. e io?

Pubblicato: 7 gennaio 2012 in 2012

È un discorso interrotto. Una risata non condivisa. Una spiegazione non necessaria. Una profondità intravista. Un’attesa di rinascita. Un fallimento doloroso. Un rimpianto inaccettabile. Briciole. Ricordi. Dolore. Lacrime. Voglia di urlare. Silenzio. Lontananza. Aneddoti.

Non so più dove sono, rispetto alla mia e alla tua famiglia. Non so come ripartire, e nemmeno quanti vogliano ripartire da una nuova prospettiva. Non so se sono io che non so costruire. Sono io che metto le distanze? Oggi mi sento veramente sola. So che dopo questo terremoto niente potrà rimanere come prima. Non ha senso.

Il vuoto dentro urla.

Mi sembra di iniziare a conoscerti solo ora, ma ormai è tardi. Ringrazio i tuoi fratelli, i tuoi amici, che con i loro aneddoti mi hanno dato la chiave per comprendere. Tutto il resto è rimpianto.

30.12.11

Pubblicato: 5 gennaio 2012 in 2012

Quando la morte colpisce vicino a noi ci sono piccoli e grandi terremoti di assestamento che colpiscono tutti. Ci sono persone direttamente colpite dalla prima grande esplosione. Sono le mamme e i figli, i mariti, le mogli, i fratelli, le sorelle. Gli amici. Gli zii le zie. Cugini, cognate e via via tutto il rosario dei parenti, vicini e lontani. Per quanto si cerchi di tutelare i più deboli, i più piccoli, bisogna mettere da parte il dolore personale, ‘adulto’, per capire in che modo la notizia sia arrivata nel cuore dei bambini, quando sono coinvolti.

Ieri sera abbiamo dovuto fare uno sforzo per capire alcuni atteggiamenti di Giò, per farlo parlare. Sono due giorni che fa scherzi a tutti, appare sereno, ma non accetta di stare da solo nemmeno un minuto. Io nella mia stanza ci stavo bene, avevo il mio mondo e tolleravo poco l’”intrusione” degli altri. Lui non ci passa che il tempo necessario. Abbiamo iniziato a parlare, a domandare, a cercare di capire, fino a quando lui, in lacrime, ha guardato papà, e gli ha detto: “e io come farò, quando succederà a te, e io sarò solo, senza nemmeno un fratello!”.

Credo che quello che è successo abbia aperto un mondo mai considerato, nella sua esperienza di bambino. La morte, fino al 30 dicembre, aveva portato via i nonni. E questo, secondo me, anche per un bambino è accettabile. Ma uno zio di 43 anni, più giovane del papà, questo no. Questo scombussola le carte. Ha capito che non ci sono regole. E si è sentito solo a dover affrontare un dolore tanto, ma tanto, più grande di lui.