In questi giorni di afa e incertezze, la musica e le passeggiate del tardo pomeriggio sono un appiglio di serenità.
Fuori dalla mia casa c’è un piccolo prato in lieve salita verso il ponte che dà accesso al naviglio. Da qualche giorno una badante ci porta il mucchietto di ossa di cui si occupa, mette un cuscino e un lenzuolo a terra e l’adagia delicatamente. Poi legge e racconta. Non so quanto l’anziana signora percepisca tutto questo.
Penso che sia fantastico. Mi apre il cuore. Il vento, il sole, la vita… magari ancora qualcosa di lei sente. Potrebbe lasciarla in un letto, o seduta sulla sedia a rotelle in cui la scarrozza normalmente. Invece no. L’attacca alla terra, alla natura, all’essenziale.
Ieri la guardavo con tenerezza; lei, la badante, mi dice: è lei che me lo chiede. Come a giustificarsi. Le ho risposto semplicemente che mi fa commuovere tutti i giorni. La nonna è lì, non reagisce. Non credo capisca che parliamo di lei.
La vita è una scommessa, la vecchiaia una roulette russa. Sarebbe facile sapere che se ti comporti bene, mangi correttamente, fai sport arrivi a questa età facendo solo un po’ più di fatica a muoverti e a ricordarti le cose. Invece no. Mi ricordo mia nonna, ostinatamente rinchiusa in quella dimensione crudele, di assenza apparente. Come interagire? senti se ti accarezzo? Ascolti se ti parlo? No… sempre la stessa espressione, la stessa lontananza. Uscire dalla stanza e chiedersi che senso ha.