Capita, a volte, di cadere. E non è mai il momento giusto.
A me è successo un paio di settimane fa. E, non solo, non era il momento giusto. Addirittura, proprio quello più sbagliato. Siccome non ho potuto scegliere, non rimaneva che alzarsi e ripartire. Facile, no? NO.
Non avevo più forza, fiducia, allegria. Niente. Guardavo le cose (e le persone) sgretolarsi. Non mi sottraggo all’autocritica. Ma mi mancano i parametri. Se tornassi indietro, rifarei tutto come ho fatto, perché ho seguito la mia natura. Nessuno mi ha detto (o mi dice): ‘guarda, stai sbagliando’. Ci potrei pensare, ragionare, scandagliare. Spiegare. Ma non posso vivere con l’avvocato del diavolo che mi segue come un’ombra. Mettere in discussione tutto, che vita sarebbe?
Nessuno può determinare la felicità o la tristezza altrui, questo l’ho capito. La rabbia, quella sì. Basta predisporsi ad accogliere la felicità.
La buona notizia è che sento l’energia di nuovo circolare. Vedo nuovi progetti di fronte a me, che a piccoli passi si fanno più concreti. Il vento ha portato via le ceneri di ciò che si è distrutto. Quindi, di fronte a me, ho una nuova tela da colorare.
Uno.. due… tre.. VIA!
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