L’anno scorso, approfittando della dote lavoro, mi sono fatta seguire dall’agenzia per l’impiego per aggiustare il mio curriculum che, a detta della persona che ha avuto a che fare con me per svariati mesi, era totalmente incomprensibile per un addetto alle risorse umane non specializzato nel mio campo. Va bene, sono d’accordo. E punto per punto abbiamo smontato senza pietà e rimontato, secondo una logica condivisa, il mio percorso.
Caso archiviato.
Qualche settimana fa, ho girato lo stesso cv (di cui andavo fiera) a una mia amica, consulente del lavoro. La quale, sbigottita, mi chiede se ne ho uno fatto meglio…. Scusa? QUESTO è quello fatto meglio! E’ totalmente sbagliato! mi dice le obiezioni e mi trova d’accordo. Quindi, si riparte. Ma da dove? Provo qualche servizio online, convinta che mi possa aiutare nell’organizzare meglio i contenuti. Fatto! Mando…
“Non ci siamo proprio…”
Mi suggerisce le parti da fare, rifare e/o sistemare e io ci lavoro ancora, sentendo quasi un’antipatia per me stessa, non sopportandomi più. Ok, vediamo ora. Salva e manda. Ho guadagnato una sufficienza per il rotto della cuffia. Ok. Per masochismo puro, decido di farmi analizzare l’ultima versione da un servizio on-line. Il risultato è sconfortante. Lo sottopongo alla mia amica che conferma molte delle obiezioni riportate.
Quindi cerco la chiave per uscire da questo labirinto intricato. Mi sembra di giocare a un rompicapo in cui le informazioni sono sempre le stesse e la soluzione è unica e difficilissima da trovare. Anche se, probabilmente, è vero il contrario. Quello che io vedo, di me stessa, è una parte. Quello che devo far vedere, è un insieme più articolato. Devo rispondere a dei bisogni che ogni volta cambiano. Mentre io sono io, e posso aderire secondo una percentuale variabile rispetto alle posizioni ricercate, chi mi legge deve capire che mi avvicino parecchio alle sue esigenze. Tutto dovrebbe essere totalmente dinamico. Il più possibile, almeno.
Questo ho capito. Ora torno al mio CV…..