La primavera e l’estate trasformano la collinetta in un salottino abbastanza fresco da permettere agli anziani di trascorrere ore in compagnia a osservare il mondo.
Sono tutti estremamente cortesi, sorridono e salutano. Dicono sempre le stesse cose a Giò e Romeo. Noi ricambiamo con la stessa cordialità. Solo l’ultima volta Giò ha sbuffato: ‘Ripetono ogni volta la stessa domanda! Perché mamma? me l’hanno chiesto ieri…’.
E tu rispondi, non ti costa nulla!
C’è chi vorrebbe accarezzare Romeo. Lui si accerta che quella mano non nasconda qualcosa di interessante da mangiare e poi tira: è ora della passeggiata, non fateci perdere tempo…
Soprattutto uno di loro mi incuriosisce. Arriva la mattina presto, rientra a casa per la pausa pranzo; poi di nuovo su quel muretto. Fino a tardo pomeriggio. Non l’ho mai visto parlare con nessuno. Ci salutiamo sempre, ma niente di più. E’ maniacale con quel che giudica fuori posto, che siano cartacce o foglie cadute. Inizia a maneggiare con fare incerto il suo bastone e, raggiunto lo scopo dopo una lunga lotta, ricomincia qualche centimetro più avanti. Il che, unito a un’andatura lentissima, trasforma il suo breve tragitto in un lungo viaggio.
Ieri lo osservavo da lontano. E mi sono resa conto che non riesco a dare una storia agli anziani. Ogni tanto lo faccio con i bambini, immaginandomeli grandi approfittare dei talenti che emergono in quest’età. Ma non riesco a osservare un volto e vederlo giovane che scherza con le ragazze o brinda al suo nuovo lavoro. Come se un anziano fosse nato anziano. E mi chiedo cosa pensi tutto il giorno seduto all’ombra, senza parlare con nessuno, col mondo che gli passa davanti. Se nella sua testa il c’è lo stesso fermento che c’è fuori. E mentre noi andiamo avanti senza sapere come ci arriveremo, penso che probabilmente sarà bello trovare un teatro umano da osservare, quattro chiacchiere, sempre le stesse, due risate in compagnia, allontanando la paura.