Le parole si sono trasformate in silenzio.
Le emozioni hanno spento la luce e si sono assopite.
Nel buio mi accorgo di essere sola e vedo tutto molto più chiaramente.
Vedo la mia fame, che urla. Tu non hai fame. E gridi cose tanto diverse dalle mie. La mia fame non è la tua fame, il mio urlo è diverso dal tuo. L’ho capito. Nonostante questo non riesco a fare la cosa più logica: andarmene. Cercare qualcuno che condivida il mio pane; o proseguire nella ricostruzione, in solitaria.
Sto qui, pensando che tutto si modifica e, forse, riusciremo un giorno a trovarci più vicini.
Oppure non succederà. Ma riusciremo a salutarci senza drammi. Oppure, ancora, un’altra ferita con cui confrontarsi e imparare qualcosa di più da questa vita.
Ma non vale la pena chiudersi in un castello dorato, perché non è la pace quello che sto cercando. Forse nemmeno la verità. Sto cercando il confronto, di mettere in gioco quello che da troppo tempo era congelato. Probabilmente non c’è una strada facile da percorrere, sono io che sono in posizione di debolezza ogni volta che una corda viene scoperta. Alla fine di questa strada la tela avrà intrecci di tutti i colori, perché è così che voglio. Me ne devo ricordare, ogni volta che mi viene la tentazione di scappare. La sofferenza, la paura affrontata, la gioia e la serenità sono una faccia della stessa medaglia.
Quindi vivo, senza paura. Senza rimpianti.