Qualche giorno fa mi sono svegliata stanca. Non avevo più nessuna voglia di trovare soluzioni. Ho deciso di arrendermi. Di farmi triturare definitivamente senza opporre resistenza. Basta: è finita!
Una persona più disperata di me mi ha scaricato addosso il suo dolore e improvvisamente ho visto chiaramente che non era finita: perché io ho lottato, ho ritrovato, ho ricostruito, ho ricominciato. Devo andare avanti.
Poi arrivano altre giornate. Ancora problemi.
E, oggi, camminare, in salita, diventa difficile. Sento il fiato che manca. Il peso di sempre che mi schiaccia dentro. E fuori. Improvvisamente sento le lacrime, stronze, che vorrebbero uscire. Sono l’ultima della fila, ora. Mi fermo, mi giro verso il panorama, e ne lascio uscire due. Mi asciugo gli occhi cercando di nuovo calma e respiro regolare. Mi volto verso il sentiero. Gli altri sono lontani. Non so se ce la faccio. Non so se posso respirare veramente. Non so riuscirò mai ad arrivare. La meta mi sembra lontana e difficile da raggiungere. Ma cazzo! L’alternativa qual è? Non mi posso fermare. Nemmeno tornare indietro. Non solo perché non voglio. Ma, soprattutto, mi perderei definitivamente.
Gli altri sono su. Seduti. Aspettano. Un passo. Un altro passo. Arrivo.