La musica è sempre la stessa e io non la sento più. Il direttore d’orchestra non ha più strumenti da dirigere, è solo ma non se ne è ancora accorto. Forse vede le sue sagome ed è convinto del suo potere quando urla per farsi seguire nel suo spartito, che è rabbia è fallimento è vuoto.
Ma la mia musica me la suono e me la ballo da sola. Lo guardo ma non lo sento, non mi arriva niente: vedo le bacchette agitarsi, la bocca aprirsi, frasi ricattatorie talmente vuote che si liberano in aria come palloncini senza spago, volano lontane, lontanissime da me.
Ho tante note nelle mie mani con cui gioco, compongo e danzo. Cerco la giusta successione, la ascolto cento volte e poi butto via tutto… e viene fuori una nuova combinazione che diventa canzone e ritmo e ballo.
E mi piace non capire più niente. Non sapere nulla.
Chiedermi tutti i giorni: qual è la mia strada? E trovare risposte diverse, stimoli differenti e godere di tutto. In questo caos totale prende forma un progetto o forse due. In questo caos totale le vecchie logiche sono morte. La morte.
Non mi riguardano più.