
Ancora ossessionata dalla bilancia, è una delle cose che non è cambiata mai. Ora, se vogliamo, è peggiorata. Perché sono tanto vicina al frigorifero, dal divano sei o sette passi ed è fatta.
Ma ho un personal trainer. Un implacabile personal trainer. Che sembra dimenticare di avere sedici anni lui, cinquanta tre io… Corsa, corda da saltare, piani da salire. Spazio box del condominio è l’improvvisata palestra, scala B, cinque piani. A volte terminiamo con la plank.
E’ terribile. Questa sensazione di portarmi comunque dei pesi ovunque, quando metto in azione il fisico. Mi assale SEMPRE un senso di goffaggine e inadeguatezza. Mi succede, per esempio, quando vado a camminare con gli amici in montagna. Cosa che adoro. Ho sempre il dubbio di non farcela, di rallentare tutti, di condizionare tutti, o di morire da un momento all’altro: di insufficienza respiratoria o dalla vergogna. Dipende dalle volte. Oppure mi succede quando mi trovo a camminare con un ritmo che non è il mio, anche in percorsi fatti e rifatti mille volte.
Il mio equilibrio perfetto non ha testimoni. Quando cammino da sola, al ritmo che si accorda al mio umore, alla musica che sto ascoltando, o al bisogno di silenzio assoluto, posso camminare ore, senza stancarmi. Veloce o lenta, verso una meta o persa in labirinti mentali, sorridendo o con una terribile voglia di urlare, cantando o grugnendo… Mi sento comunque bene.
Corri mamma! Non ce la faccio! Sì che ce la fai!!
E allora corro, salto, salgo fino al quinto piano. Sentendomi tutti quei chili che ho perso ancora tutti addosso, e mi controllo per capire se è un fantasma o verità. E’ lo specchio distorto della mia testa che ancora zavorra la mia vita. Poi mi raggiunge mio figlio, sudato e sorridente, a rinnovare l’appuntamento per domani. E penso che domani andrà un po’ meglio. Forse.