
Vivere in una bolla e pensare che tutto stia sostanzialmente fermo: invece no. Uscire, passeggiare lungo il naviglio e l’esplosione di tanta natura che investe, tramortisce, perché era inverno, l’ultima volta che ci siamo visti. L’acqua è pulita e tranquilla, più di me, come sempre, che faccio i conti con le paure e sono tutti sballati.
Mani che non posso più afferrare e che vedo semplicemente allontanarsi e le devo lasciare andare, in questo mondo sterilizzato, che mi fa sentire tutto troppo lontano, irraggiungibile.
Il ricordo di un abbraccio fa quasi male.
Cerco un punto qualsiasi, da fissare e raggiungere, fosse solo un miraggio, sentirei che sto comunque procedendo. Invece vago a vuoto, seguendo traiettorie irregolari dettate dalla regola della lontananza, rimandando a domani un rigore che poco mi appartiene.
In questo mondo senza facce, vorrei disegnare un sorriso sulle mascherine che incontro. Punto.