
Era andato tutto bene. Fino a ieri. Ma poi…
Il filo con cui ho ricucito i lembi di quel buco nero nell‘anima si deve essere spezzato. O il nodo si deve essere allentato. Dalla voragine è esploso il ciclone, di nuovo, e ha spazzato via tutto. E tutti.
Devo trovare il modo di farci amicizia, con l’ansia: alla fine, è la compagna di viaggio più longeva. Devo fare in modo che dal nostro eterno conflitto scaturiscano parole, e frasi, e spazi.
Quindi cerco di non darle troppa voce, le offro un bicchiere di vino bianco, fresco e aromatico. Due patatine e qualche respiro profondo. Lei allenta la presa e mi dà un po’ di tregua.
Quindi mi preparo per uscire a cena, tubino nero e un po’ di tacco, capelli in ordine e via, pronta per la serata. In macchina la sento che sta per risvegliarsi dal torpore. Posso solo andare avanti e farla sedere al mio fianco. Gli altri parlano e ridono, io concentro la mia attenzione al tavolo di fianco a noi, vedo un quadro che conosco bene: i genitori non giovanissimi e quattro figli, tre maschi e una femmina, che scherzano e li prendono in giro. Soprattutto due dei tre ragazzi. L’atmosfera sembra molto allegra.
Per un attimo l’ ansia scompare, tutto scompare, rimaniamo io e quel tavolo, io che guardo quella scena che ho vissuto molte volte ma che non più essere. Eppure il ricordo non è nostalgia, ma calore, amore probabilmente.
È un attimo, poi torna tutto: ansia, ristorante, voci e risate. E forse è solo nel vortice che posso ritrovare le sfumature per il quadro che sto dipingendo, le parole del libro che sto scrivendo, le scelte per la vita che sto vivendo.