Archivio per agosto, 2020

Scucitura

Pubblicato: 20 agosto 2020 in 2020
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Era andato tutto bene. Fino a ieri. Ma poi…

Il filo con cui ho ricucito i lembi di quel buco nero nell‘anima si deve essere spezzato. O il nodo si deve essere allentato. Dalla voragine è esploso il ciclone, di nuovo, e ha spazzato via tutto. E tutti.

Devo trovare il modo di farci amicizia, con l’ansia: alla fine, è la compagna di viaggio più longeva. Devo fare in modo che dal nostro eterno conflitto scaturiscano parole, e frasi, e spazi.

Quindi cerco di non darle troppa voce, le offro un bicchiere di vino bianco, fresco e aromatico. Due patatine e qualche respiro profondo. Lei allenta la presa e mi dà un po’ di tregua.

Quindi mi preparo per uscire a cena, tubino nero e un po’ di tacco, capelli in ordine e via, pronta per la serata. In macchina la sento che sta per risvegliarsi dal torpore. Posso solo andare avanti e farla sedere al mio fianco. Gli altri parlano e ridono, io concentro la mia attenzione al tavolo di fianco a noi, vedo un quadro che conosco bene: i genitori non giovanissimi e quattro figli, tre maschi e una femmina, che scherzano e li prendono in giro. Soprattutto due dei tre ragazzi. L’atmosfera sembra molto allegra.

Per un attimo l’ ansia scompare, tutto scompare, rimaniamo io e quel tavolo, io che guardo quella scena che ho vissuto molte volte ma che non più essere. Eppure il ricordo non è nostalgia, ma calore, amore probabilmente.

È un attimo, poi torna tutto: ansia, ristorante, voci e risate. E forse è solo nel vortice che posso ritrovare le sfumature per il quadro che sto dipingendo, le parole del libro che sto scrivendo, le scelte per la vita che sto vivendo.

Siesta

Pubblicato: 12 agosto 2020 in 2020
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Il canto delle cicale è un piacevole sottofondo ai miei pensieri in questo momento tra il pranzo e il resto del pomeriggio; caldo e silenzio contribuiscono al mio rilassamento che potrebbe inesorabilmente portarmi verso un piacevole sonnellino… se io non fossi io, se riuscissi a rilassarmi senza troppo pensare…

Socchiudo gli occhi e vedo mio padre, nelle nostre chiacchierate con Giò piccolo, quando potevo immaginare ancora tutto diverso, il mio mondo carico di promesse e possiblità, quando non avevo capito già troppe cose…

Penso con insofferenza che ho ancora bisogno di aiuto, non mi piace sentire l’aria che respiro in dosi contate, che se mancasse un rifornimento non avrei risorse e potrei solo lasciarmi andare, chiudere gli occhi sperando di non farmi troppo male.

Rivedo quella gita, qualche giorno fa, in cui per la prima volta in assoluto ero io la più forte, che aspettavo, che porgevo la mano per aiutare chi era in difficoltà… Mi sono sentita grande e mi sono chiesta: è così che ci si sente quando si ha il totale controllo della situazione?

E il giorno dopo, camminando al mio ritmo, mi sono resa conto che è arrivato quel momento in cui la persona che per anni è stata aggrappata alla mia mano, che ho accompagnato, aspettato e rassicurato, oggi, che ha le spalle forti, non è detto che si volti a guardare se ho bisogno di lui, perché il suo sguardo è fisso in avanti, con energia e determinazione. Ed è una bellissima sensazione, pensare che sia tanto forte, nonostante tutto.

Vorrei che le cicale interrompessero questo flusso, sentire il corpo sempre più leggero, fluttuare morbidamente e sentire la speranza avvolgermi, caricarmi, trasportami. Incrociare quello sguardo, magari. Per cercare un altro viaggio. Il mio viaggio un po’ più perfetto.