
Il caldo feroce di questi giorni blocca il corpo ma non la testa che macina pensieri ed emozioni a un’inutile vorticosa velocità che spesso mi porta in territori nemici, ostili. Nonostante l’età, non ho ancora imparato a spegnere, disinnescare, fare pulizia. “Tutto serve…”, dicono. Non ne sono convinta.
Io, come molti, sono uscita con le ossa rotte dalla pandemia. C’è stata una rivoluzione e io non avevo un piano B. Ho nuotato seguendo la corrente in attesa di tempi migliori. Ho accettato quello che è arrivato e non mi posso nemmeno lamentare perché, in tutta sincerità, ho avuto fortuna.
Ora il cerino è tornato in mano mia. E, nonostante la mia età, continuo a chiedermi: “Qual è la rotta? Qual è la direzione?”. Mi rifiuto di sentirmi fuori tempo massimo come probabilmente molti pensano. Vorrebbe dire abbandonare ogni speranza. NO!
Ho capito molto più di me in questi ultimi tre anni in cui ho imparato a percorrere sentieri lontanissimi dalla mia natura abbattendo muri e respirando aria pulita, nuova. Ho bruciato quei vestiti informi in cui mi perdevo, mi nascondevo. Ho ritrovato l’essenza e il piacere di esibirla.
Ho scalato la mia montagna ma… quando credevo di essere quasi arrivata in cima, quando, guardando indietro, sembrava tutto minuscolo, lontano, il panorama era di una bellezza violenta, il fiato non era più corto, l’energia sembrava infinita…
Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con io resto a casa, non ci saranno zone rosse, ci sarà l’Italia zona protetta”.
La portata di tutto questo è una lotta che continua, in me, per riappropriarmi dei progressi fatti. Sono consapevole di non essere tornata al punto di partenza, con il lockdown. Ma molto terreno è franato sotto i miei piedi.
Sto scrivendo, ed era tanto tempo che non sentivo l’urgenza. E’ un segnale. Aspettando la pioggia. Il fresco. La vita che vorrei.