
Un metro più in là.. nord sud ovest est, non importa. Ma devo andare un metro più in là. Qui non c’è più aria pulita, le facce hanno un’unica distorta espressione, i silenzi non puniscono né guariscono. Ho fatto il solito errore di guardarmi, e giudicarmi, attraverso i vostri occhi e, come al solito, ne sono uscita a pezzi. Il plurale è d’obbligo…
Abbracciata al solito divano, accogliente giaciglio degli ultimi dieci giorni, ho finalmente visto le sbarre invisibili di una gabbia che non mi ha permesso di ragionare. Nuotavo controcorrente senza nemmeno accorgermene. Annaspavo alla ricerca di una soluzione senza pormi le domande, forse senza sapere quali fossero le risposte più urgenti.
Andare un metro più in là, per allontanarmi soprattutto da me e vedere in modo più chiaro, con i miei occhi. Lasciando nella gabbia la mia parte peggiore, quella che ripete che non ce la posso fare. Quella che mi fa esplodere dentro, che sembra non essere raggiunta da niente e nessuno. Sono ancora la guardia carceraria di me stessa, nonostante tutti i passi avanti.
E così l’ho fatto, per poter riprendere il mio viaggio.
Ultimamente ho perso molte delle mie certezze e ho avuto paura. Ho creduto di non avere più speranze. Un passo in avanti e sono ancora in piedi. E mi sento meglio. Vedo le facce sorridenti, ricambio con un sorriso magari ancora un po’ incerto sapendo che è solo questione di tempo..